Chi medita fra il tacito
saggio orrore di grotte?
E di Giob su le pagine
traggo vigile notte?
E chi in ribrezzo fugge
donde la colpa rugge?.
Guai! guai! D'ira e giustizia
il Lione passeggia,
le zampe e i labbri insanguina
entro splendida reggia,
e all'universo folle
un regicidio estolle.
Tutto imperversa: ingemina
il nitrir de' cavalli,
mentre fra bronzi orrisoni
rimbombano i timballi,
e infurïata guerra
cittadi sfianca e atterra.
Ma qual candida Vergine
in puro manto ascosa
fra gli orrori dell'eremo
in grembo a Dio riposa,
e il volto ingenuo copre
rimpetto a orribil opre!
Vien meco, o Eletta, a piangere
il soqquadrato mondo,
ch'ode gli eterei fulmini,
e corre furibondo
a trar suoi giorni eterni
ne' spalancati Averni.
Vieni: e stringendo in lagrime
l'insanguinata Croce,
a Dio manda fra 'l gemito
pietosa innocua voce,
mentr'io per l'orbe intanto
di terror spargo un canto.
Vedilo! È Dio che l'aere
sol con un braccio occupa,
ed accigliato spazia
entro tuonante e cupa
carca di piaghe nube,
mentre ai fulmini iube.
Forse avverrà che al flebile
suono di tue parole
a noi s'apra più splendido
di sua pietate il Sole,
e dall'olimpio trono
spanda mite perdono.
Già di sterminio l'Angelo
su Morte accavalcato
punìa dell'empia Ninive
il delitto ostinato;
già vibrava furente
su lei brando rovente;
ma al suoi sparsa di cenere
penitenza prostrosse,
e squallida di Jehova
l'augusta ira rimosse,
ed arrestò la mano
al Feritor sovrano.